Fai da te sulla nautica, rubrica di consigli pratici per tenere la tua barca in perfetta forma o risparmiare con scelte appropriate

Batteria barca quale scegliere

Che abbiate una barca a vela, uno yacht o un motore fuoribordo sicuramente vi sarete chiesti quale batteria conviene installare e soprattutto cosa scegliere tra quelle a gel, ad acido libero o agm. Ovviamente per prima cosa dobbiamo capire cosa ci serve, a seconda dell’uso che facciamo della nostra barca, quanto la lasciamo ferma e che tipo di manutenzione utilizziamo. Cerchiamo di capire adesso che differenze ci sono fra le varie tipologie di batteria.
Esistono 3 tipi di batteria indicate per la nautica:

• Le batterie a GEL sono molto delicate ma, grazie al gel presente, si evita qualunque tipo di fuoriuscita, dannose per salute. Per la loro delicatezza necessitano di un sensore di temperatura che possa interrompere la carica in caso di surriscaldamento.

• Le batterie al piombo o a acido libero sono più economiche di quelle sopra citate ma è necessario fare attenzione a rabboccare il liquido quando necessario. Un altro punto a favore di questo tipo di batterie è che non soffrono ricariche troppo rapide o eccessive perché il liquido al loro interno evapora in caso di surriscaldamento, questa loro caratteristica però rischia di danneggiarle nel caso in cui il liquido si abbassi troppo.

• Troviamo infine le batterie AGM dove l’acido non è libero ma imbevuto in una sostanza porosa di fibra di vetro e sono quindi molto più sicure in caso di rotture perché evitano le fuoriuscite e si surriscaldano meno in caso di una ricarica esagerata. Inoltre i gas presenti all’interno si combinano con l’acqua permettendo così un minore consumo dell’acqua stessa e quindi possono essere utilizzate a temperature più fredde o più calde delle altre batterie.

In questa breve guida vi indicheremo la scelta della batteria per l’ avviamento del motore in base ai cavalli o chilowatt del motore stesso che sia fuoribordo o entrobordo . La batteria è indicativa solo per il motore escludendo i servizi, nel caso dobbiamo alimentare anche i servizi dobbiamo semplicemente accoppiare una seconda batteria di uguale amperaggio a quella del motore.

CV/KW :A –
10/7,35 :60 A –
20/14,7 :65 A –
25/18 :70 A –
40/29 :80 A –
80/59 :110 A –
95/70 :140 A –
110/81 :140 A –
145/107 :140 A –
150/110 :140 A –
200/147 :180 A –
210/155 :180 A –
240/177 :180 A –
270/199 :180 A –
320/236 :110 x 2 A –
370/272 :110 x 2 A –
440/324 :180 x 2 A –
630/464 :190 x 2 A –

Osmosi come intervenire

E’ un fenomeno fisico-chimico che indica la diffusione di due liquidi miscelabili di diversa concentrazione salina attraverso una membrana permeabile, come appunto lo strato esterno di uno scafo.

Quando è nata l’ osmosi ? L’osmosi comparve negli anni ottanta, dopo oltre un ventennio che si costruivano barche in vetroresina.

I primi a notare questo fenomeno furono gli americani, mentre gli studi su queste strane bolle sono stati fatti in Inghilterra e fu attribuito presto il nome scientifico “ OSMOSI “.

Sempre in quegli anni cominciò a comparire anche nelle barche italiane, mentre tutti gli addetti s’interrogavano sulle cause, come evitarla e in seguito come curare in modo definitivo la malattia.

Perche si forma ?

Lo scafo di un’imbarcazione costruita in vetroresina è sottoposto a un processo d’invecchiamento fisiologico delle caratteristiche di resistenza e permeabilità. Uno scafo stratificato di resina con lana di vetro anche se eseguito con grande professionalità e tecnologia, col passare del tempo è destinato ad assorbire umidità.

Questo processo è accelerato dall’ambiente marino in cui le barche stazionano, ancor di più in acqua dolce. Un fenomeno largamente diffuso nelle acque temperate come ai tropici, ma anche in mediterraneo, perché il caldo accelera il processo, rende l’acqua più fluida favorendo le reazioni chimiche, ammorbidisce il gelcoat aumentandone la permeabilità. Una buona parte delle barche anziane, circa il 25-30%, presenta il fenomeno osmotico.

Le condizioni necessarie affinché si formi l’osmosi sono diverse, in primo luogo è che all’interno della stratificazione siano rimasti spazi vuoti cioè, bolle d’aria nelle vicinanze della superficie esterna, il gelcoat, a causa della lavorazione poco professionale. La protezione della vetroresina dovrebbe essere garantita dallo strato superficiale esterno, il geolcoat appunto.

Purtroppo non lo è perché questa vernice, sempre a base di resina, non è del tutto impermeabile, perché spesso è impiegato di scarsa qualità e col tempo, dapprima l’acqua dall’esterno filtra attraverso, fino a riempire gli spazi vuoti prima descritti. In seguito, all’interno della bolla comincia a sciogliere parti di resina poco catalizzata e ad aumentare quindi lo spazio occupato dal liquido infiltrato, fino a spingere la bolla verso la superficie esterna dello scafo, formando così un rigonfiamento esterno del gelcoat, visibile anche a occhio nudo.

Altre cause sono anche l’eccesso di catalizzazione della resina nella stratificazione, e la presenza di sostanze solubili o umidità nella lana di vetro, nella resina o nell’ambiente di lavorazione. Infine lo stato di mantenimento della barca da parte dell’armatore.

Purtroppo l’osmosi è un fenomeno degenerativo che non si arresta spontaneamente, continuerà finché la barca rimarrà immersa nell’acqua, e col passare del tempo vedremo aumentare sempre più il diametro della bolla, perché il liquido osmotico fa aumentare la pressione al suo interno, velocizzando così il processo dell’osmosi. Il fenomeno non si limita alla formazione della bolla verso l’esterno, ma se non è risanata e se la stratificazione della vetroresina lo favorisce, comincia la ben più grave delaminazione di essa.

Quasi sempre però l’osmosi rimane abbastanza superficiale, interessando solamente qualche strato di mat sotto il gelcoat, sempre che non venga trascurata per tanto tempo. A volte si pensa (erroneamente) che lasciando la barca fuori dall’acqua possa scomparire l’osmosi in atto. Anche dopo diversi mesi che lo scafo è in secca, il liquido delle bolle rimane imprigionato, distribuendosi ovunque attraverso la porosità degli strati della vetroresina.

In questo modo le bolle saranno meno visibili, ma non per questo la malattia sarà scomparsa. E’ un sistema poco serio che può essere adottato da chi vende la barca, perché al momento dell’alaggio l’osmosi è ben visibile, mentre lasciandola a terra per qualche tempo per far assorbire e distribuire l’umidità attraverso la capillarità della stratificazione, le bolle saranno quasi scomparse alla vista. A questo c’è d’aggiungere che se lo scafo ha un grosso strato di antivegetativa vecchia e rugosa, le bolle vengono ulteriormente nascoste.

Un altro fattore importante nella formazione dell’osmosi e che pochi considerano è l’asporto continuo del gelcoat causato dalla levigatrice nella manutenzione della carena.

Quando si gratta lo scafo per eliminare la vecchia antivegetativa, spesso si arriva a consumare il gelcoat, togliendo quel minimo di protezione che la vetroresina aveva inizialmente, favorendo l’inizio dell’osmosi, o aggravandolo s’è già colpito.

Spesso si vedono gli operai di cantieri che lavorano all’interno dei porticcioli o nei cantieri, eseguire la lisciatura della carena per il rifacimento dell’antivegetativa in questo modo, incuranti del danno apportato allo scafo. Controllo . Quando uno scafo rimane sull’invaso per lungo tempo, l’unico sistema “certo” per verificare s’è colpito da osmosi, oggi è attraverso lo “SKINDER”, ( La S.T.A.L.T. consiglia quello della Cecchi Gustavo ) strumento elettronico in grado di misurare il tasso di umidità.

Una carena perfettamente sana misura un grado di umidità uguale al 1 %, come nell’opera morta.

In questo modo possiamo conoscere il processo d’invecchiamento con il grado di umidità relativa e se sia in continuo aumento. Non sempre con la presenza di umidità in carena siamo certi che si tratti di osmosi, invece la certezza l’avremo qualora vi sia la presenza di bolle piene di liquido.

Col secondo sistema, meno professionale, la barca deve essere solamente da qualche giorno fuori dall’acqua per poterla verificare, altrimenti si rischia di non scorgere bene le bolle. Se la osserviamo mettendoci di lato riusciamo a scorgere anche la più piccola bolla ancora non esplosa, cioè, in superficie non c`è traccia di umidità.

Diversamente, troveremo una piccolissima goccia o la macchia di una appena asciugata. Questo vuol dire che sotto c`è di liquido.

Una bolla di osmosi fa gonfiare la superficie del gelcoat, perciò sarà in rilievo e più è vecchia e più sarà in rilievo.

Può capitare in qualche punto di avere dei dubbi, allora prendiamo una punta d`acciaio molto affilata e proviamo a far pressione nel punto del dubbio. Se è un falso allarme , la punta non intaccherà il gelcoat, ma se sotto c`è la bolla, la vedremo affondare sotto la superficie e uscire immediatamente una goccia di liquido, a volte chiaro, fino ad arrivare a diventare marroncino con odore acetico e untuoso al tatto, dipende dallo stato di avanzamento dell`osmosi.

Questo avviene perché in una bolla, il rivestimento dei filamenti di vetro, il cloruro di polivinile, si trasforma col processo osmotico in aceto di polivinile che ha un forte odore acetico. A volte la carena può avere bolle visibili da lontano o comunque a occhio nudo, ma può essere solamente un difetto della vecchia dell’antivegetativa cioè, tra una mano e l’altra abbia inglobato umidità nell’esecuzione poco corretto del lavoro. In questo caso alla verifica con la punta d’acciaio, ma anche facendo pressione con l’unghia, la bolla si scoppierà e si vedrà sotto, un altro strato di antivegetativa, ma il gelcoat sottostante sarà intatto.

Una caratteristica tangibile di una bolla di osmosi è data dalla sua forma rotonda, perché la pressione osmotica all’interno è uguale in tutte le direzioni. In base alla grandezza delle bolle possiamo risalire all’età dell’osmosi. Questo significa che se abbiamo una bolla con un diametro di pochi millimetri, avremo di fronte un’osmosi molto giovane, viceversa se sarà di qualche centimetro, sarà piuttosto vecchia. Nelle bolle giovani vi sarà poca pressione e un liquido piuttosto chiaro, mentre man mano che invecchiano aumenterà la pressione interna e il liquido sarà sempre più scuro.

L’età dell’osmosi è un argomento importante quando si acquista una barca senza metterla in secca per verificarne lo stato. In questo caso ci si fida dell’apparente buona fede del venditore, convince l’acquirente che la barca non soffre di osmosi.

Quando si va ad alare la barca nella successiva manutenzione della carena, ci si trova davanti all’osmosi. In questi casi quasi sicuramente si finisce davanti ai giudici, perché il vecchio proprietario insisterà sull’inesistenza di osmosi al momento della vendita, mentre si renderà necessaria la perizia del perito che dovrà accertare se al momento dell’acquisto, l’osmosi era già in atto, che sarà determinato appunto dalla grandezza delle bolle e del colore del liquido in esame.

Con la diffusione della resina Isoftalica, avvenuta circa una diecina d’anni fa, il fenomeno dell’osmosi è quasi scomparso del tutto perché è più resistente al fenomeno d’infiltrazione dell’umidità. Resina Isoftalica: E’ una resina per la stratificazione, con indice di assorbimento d’acqua molto basso, buona flessibilità e ottima resistenza agli aggressivi chimici, usata per la costruzione d’imbarcazioni e manufatti destinati al riempimento o all’immersione, come serbatoi d’acqua, rivestimenti anticorrosivi di vasche, ecc.

Ha una grande flessibilità superando così la resina ortoftalica. Come curare l’osmosi: Di questo ne parleremo nel prossimo articolo .

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